Fotocamere mitiche

Presto pubblicherò una apologia di alcune macchine fotografiche. Eccone alcune:

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Nikon F prisma con Nikkor-S 1:1.4 f=5.8cm

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Nikon F2 prisma con Nikkor 50mm 1:1.4

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Leica M2 (prima versione) ‘customizzata’ per me da Tiziano Ornaghi. Con Elmar 1:2,8/50 Non ce l’ho più! l’ho venduta su eBay ad un americano…mi pare si trovasse in Texas!

Ciao a tutti! Giacomo

Considerazioni d’ottobre: divagazioni sulla fotografia

Quando si guarda una fotografia, si stabilisce in modo ovvio e immediato che da qualche parte del mondo quello che è lì riprodotto debba esistere, o debba essere esistito. In questa ‘suggestione’ di realtà possibile sta la forza della fotografia.

Quella che guardiamo non ci sembra infatti un’invenzione di qualcuno (come succede invece con la pittura o il disegno), piuttosto una ‘registrazione’ meccanica e fedele del reale, ottenuta senza che vi sia stato un intervento manuale diretto da parte di chi l’ha ‘scattata’. Quest’ultimo, almeno così crediamo, potrà magari attraverso qualche ‘trucco’ aver deformato, alterato il ‘reale’, ma non può esserselo inventato dal nulla.

Ma come facciamo a stabilire che l’immagine che stiamo osservando è una fotografia? Principalmente in base alla sua ‘analogia’ percettiva con una nostra esperienza ‘diretta’ possibile, valutando cioè in modo intuitivo la sua appropriatezza ‘tonale’ e coerenza ottico geometrica: sarebbe a dire la sua capacità di rimandare a delle qualità tattili e spaziali plausibili, per l’appunto ‘analoghe’ alla nostra esperienza visiva di un ‘reale’ eventuale e/o possibile.

Attenzione: un osservatore dotato di facoltà percettive e mentali normali, si accorgerà ovviamente che quella che ha di fronte non è la realtà, bensì una sua supposta ‘riproduzione’, più o meno fedele che sia.

E’ qui che succede (può succedere) il paradossale prodigio: proprio quando siamo consapevoli che quella che abbiamo di fronte è una fotografia, scatta la trappola. Cadiamo così all’improvviso -mani e piedi- in quella ‘buca illusionistica’ che è stata preparata per noi, e cominciamo ad operare delle congetture su quanto nella fotografia è rappresentato. Attribuiamo –pur se consapevoli della potenziale ‘mendacia’ del mezzo- a quello che stiamo ‘vedendo’ caratteristiche ‘analoghe’ alle cose che fanno parte della nostra esperienza ‘diretta’ del nostro mondo percettivo –spaziale e ‘tattile’- reale.

Non è poi così importante che quelle caratteristiche che si è portati ad attribuire agli ‘oggetti’ rappresentati nella fotografia siano effettivamente corrispondenti al vero (a meno che non ci si trovi in un tribunale), lo è molto di più che l’osservatore ‘creda’ di aver capito, e non debba dunque affaticarsi – magari senza successo- ad identificare quello che è incluso nel ‘campo’ grafico della fotografia.

Le fotografie, infatti, risultano tanto più gradevoli e quindi efficaci quanto più sembrino rispondere facilmente agli interrogativi che l’osservatore naturalmente si pone: chi o cosa c’è nella fotografia? Dove si trova? Cosa sta succedendo? E così via.

Le forme ambigue, di difficile interpretazione, disturbano. L’osservatore ne è infastidito come lo sarebbe chi cercasse di ascoltare una persona che parla in modo poco chiaro, farfugliando frasi sconnesse in mezzo ad un frastuono assordante: è ovvio che dopo un po’ l’attenzione viene meno, e con quella la voglia di fare la fatica necessaria per interpretare quanto viene detto, per quanto interessante potesse sembrare inizialmente.

Le fotografie possono essere considerate trappole illusionistiche: proprio in questa loro caratteristica e potenzialità si trova il loro punto di forza, il cosiddetto ‘specifico’ fotografico.

Una fotografia dovrebbe permettere all’osservatore, una volta guadagnata la sua ‘attenzione’, una sua facile interpretazione ‘formale’, per farlo più utilmente soffermare sul ‘significato’ che quella vorrebbe veicolare, o permettere una migliore ‘trasmissione’ delle informazioni. Oppure, per lo meno, il tempo dedicato all’interpretazione di un’immagine complessa dal punto di vista grafico, dovrebbe prima o poi essere premiato. Dopo una lunga ‘contemplazione’ l’osservatore deve pur ottenere qualche risultato: un’informazione maggiore proporzionata al tempo dedicato? Un’emozione sempre crescente? Un appagamento estetico?

Una ‘buona’ fotografia – cioè che sia armoniosa, pulita e ben strutturata- nella quale tutto ciò che si trova al suo interno trovi una spiegazione e un senso, è più appagante e si tenderà quindi a dedicargli più tempo e attenzione: nei casi più riusciti le immagini fotografiche possono quasi ‘ipnotizzare’ chi le guarda, questi si attarda e non riesce quasi più a staccare lo sguardo che continua a ‘danzare’ eccitato ed incuriosito da una parte all’altra dell’immagine.

Una fotografia ‘bilanciata’, con un certo ordine formale, in virtù anche della sua attraente ‘piacevolezza’, sarà senza dubbio una ‘trappola illusionistica’ nella quale sarà più probabile far cadere l’attenzione dell’osservatore, facendogli dimenticare la sua bidimensionalità, la sua staticità, il suo essere limitata da dei ‘bordi’ o perfino –nel caso- l’assenza del colore.

Per poter costruire delle buone fotografie, ovvero delle trappole illusionistiche efficaci, occorre partire dalla consapevolezza che la fotografia ha un suo proprio linguaggio. Un linguaggio visivo che usa dei codici e delle ‘forme simboliche’ sue proprie. Di questo linguaggio fanno parte, a mio parere, le scelte tecniche fondamentali: tempo di posa, diaframma, messa fuoco ecc. Affinché queste scelte siano effettivamente tali, e non siano degli eventi casuali o determinati -a monte- da criteri altrui, bisogna conoscere e impadronirsi della ‘tecnica’ fotografica, in tutte le sue declinazioni.

Cosa voglio dire? spiegherò meglio la mia posizione più avanti, nel corso della vita di questo Blog, per il momento dirò semplicemente che per me la tecnica è un tutt’uno con l’espressione: la tecnica fotografica è infatti il presupposto indispensabile della fotografia: o ci pensiamo noi o ci dovremo affidare alle scelte della nostra fotocamera, o, come dicevo, a quelle scelte fatte ‘a monte’ da chi l’ha progettata. Oppure, e sarebbe una scelta scellerata, ci potremo accontentare di considerare la pratica fotografica come un gioco d’azzardo –una specie di slot machine- , restando in attesa -spesso lunga o vana- di uno scatto fortunato.

La conoscenza del mezzo tecnico è proposta da me come una fonte di libertà espressiva, una possibilità di emancipazione della propria creatività, e non -come spesso viene intesa da molti ‘artisti fotografi’- un ‘male necessario’, quasi fosse una parte afflittiva e poco divertente della pratica fotografica.

Certo, è meglio essere chiari, per me la tecnica non riguarda solo quelle variabili classiche –tipo: tempo, diaframma, fuoco ecc. – ma include anche, ad esempio, la ‘composizione’, l’inquadratura, la scelta del momento dello scatto, e via discorrendo. Ma, secondo me, persino la scelta stessa di una fotocamera o di un’altra -così come quella di un obiettivo-, ha un influenza determinate sulle nostre fotografie, e dunque sui risultati estetico/espressivi.

Solo avendo presente questo, per così dire, ‘Diagramma di flusso’ otterremo dei buoni risultati: un percorso virtuoso che ci conduca dai buoni propositi agli esiti auspicati.

Non vi stupirete, detto tutto questo, se nel tentare di disegnare questa ‘mappa concettuale’ riguardo alla fotografia troverete nel mio Blog un alternarsi di pagine dedicate a disquisizioni più meno teoriche (come quella che state leggendo), con altre di schede tecniche, fino ad arrivare ai test e alle recensioni di attrezzatura fotografica.

Piano piano, inoltre, andrò inserendo una piccola antologia delle mie fotografie ‘personali’.

A presto! Giacomo


Quattro 50mm Nikkor -antichi e moderni- alla prova a breve distanza.

Dopo le prove mettendo a fuoco ad infinito, ho deciso di concludere mettendo a confronto quattro obiettivi Nikkor con schemi ottici diversi, ognuno dei quali da me ritenuto -sulla base dei test- la migliore interpretazione di un certo progetto. Andiamo con ordine: il primo è di nuovo il Nikkor-S 1:2 f=5cm, nella versione a nove lamelle. Poi, per secondo, quell’esemplare di Nikkor-H 50mm 1:2, che tanto si è ben comportato nei precedenti test. Terzo contendente L’AF 50mm 1:1.8D (che benché cinese, ha battuto l’AF giapponese). Quartultimo il chiacchierato AF-S 50mm 1:1.8G, l’ultimo nato della dinastia. Eccoli:

aaaa

schema-S

Nikkor-S 1:2 f=5cm

schema-H

Nikkor-H 1:2 f=50mm

Schema-AFD

AF Nikkor 50mm 1:1.8D

schema-AFS

AF-S Nikkor 50mm 1:1.8G

Veniamo alle prove a distanza relativamente breve. Ho allestito una specie di teatrino con vari oggetti che potessero dare un idea della resa generale, comprese delle vere e proprie mire ottiche. La luce è volutamente mista: sia quella della finestra alla sinistra (cielo nuvoloso ‘chiaro’ pomeridiano posto a est, intorno ai 5000K) della scena, sia quella (più debole) proveniente da lampadine fluorescenti a tono caldo (circa 3000K). L’esposizione delle foto a tutta apertura è improntata ad una marcata sottoesposizione volta ad accentuare le differenze cromatiche. Quella degli scatti a f/8 pur essendo anch’essa ‘scura’, è tuttavia più normale.

Ecco le foto:

Nikkor-S-

S f/2

NIkkor-H

H f/2

Nikkor-AFD-

AF-D f/2

Nikkor-AFS

AF-S f/2

Ora qualche particolare:

esse-8

S f/2 Crop-1

acca-8

H f/2 Crop-1

afd-8

AF-D f/2 Crop-1

afs-8

AF-S f/2 Crop-1

Questo particolare ingrandito è molto interessante. E’ qui -sulla scritta LENS- che ho messo a fuoco i due manual focus (molto accuratamente con ‘live view’, ingrandendo: con successiva ‘conferma’), ed è sempre lì che era fissato il punto di messa fuoco degli AF (in autofocus, naturalmente). Le immagini sembrano infatti tutte a fuoco, con giusto una piccola incertezza per il Nikkor-H. La procedura da me usata è -lo so- assai poco ortodossa: una forzata ‘interpolazione’  su un piccolissimo particolare di un soggetto che sembra fatto apposta (in effetti lo è!) per dare fastidio al sensore. Se visualizzata su un monitor 23 pollici, tutta alla stessa scala del particolare, la foto sarebbe larga otto metri! Detto questo, è pur vero che lo strapazzo (Jpeg interpolato su Jpeg: ripeto, lo so che non si dovrebbe fare) è stato subito -identico- da tutti e quattro gli obiettivi. Guardate attentamente le immagini qui sopra: cosa notate? Su un soggetto bidimensionale monocromatico – giacente per altro sul ‘piano di fuoco’- posto al centro e costituito da linee -più o meno sottili- nere su fondo bianco, compaiono degli ‘strani’ colori a contornare le linee, oppure ad invadere il ‘campo’ tra quelle. Noterete inoltre come questi ‘artefatti’ cromatici siano crescenti in funzione inversa all’età degli obiettivi. In altri termini: più l’obiettivo è vecchio meno presenta il problema. Non stupisce, dunque, constatare che il più ‘neutro’ sia probabilmente il Nikkor-S mentre il più ‘colorato’ sia l’AF-S. Un’altra osservazione: è chiaro come esista una correlazione tra questa colorazione e il ‘microcontrasto’ dell’obiettivo. Si consideri (per quelli di voi interessati ai problemi tecnici), per capire meglio di cosa sto parlando, che la linea nera che forma i caratteri della scritta e ‘spessa’ nella realtà circa 0,3 mm, ed è ripresa ad una distanza di circa 1,5-2 metri (ebbene sì, mi sono scordato di misurarla!), ovvero 30-40 volte la focale: una proiezione sul sensore della Nikon Df di circa 7,5-11,25 µm, laddove la dimensione del  singolo ‘pitch’ (della Df) è di 7,2 µm! Siamo al limite dunque delle possibilità di registrazione del sensore, anche ammettendo una proiezione ‘perfetta’ da parte dell’obiettivo, non parliamo poi della ‘compressione’ Jpeg e della successiva interpolazione! Come spiegare -dopo questa digressione- lo strano fenomeno? Dico subito che non lo so con certezza, anche se tra poco farò un ipotesi, mentre quello di cui sono sicuro invece è che alla mancanza di microcontrasto dei due manual focus è facile rimediare in un’immagine digitale (anche in modo molto ‘fine’), viceversa agli strani colori fantasma non c’è alcun rimedio. Sì, avete capito bene: sto paradossalmente ribaltando uno dei pregiudizi più diffusi, secondo il quale i vecchi obiettivi non andrebbero bene sul digitale proprio per via della loro maggiore ‘aberrazione cromatica’. A vedere questo mio strampalato test, verrebbe da pensare esattamente il contrario! Infatti, e vengo alla mia spiegazione, se questi risultati fossero tratti da una pellicola non ci sarebbero dubbi: gli AF-S e Af-D sono afflitti da una pesante aberrazione cromatica longitudinale (compensata però da un maggior contrasto -sia micro che macro- che permetterebbe una resa generale più brillante con le diapositive). Ma allora il nuovissimo AF-S cosa ce l’ha a fare la lente in più, persino asferica? Andiamo avanti, guardando la stessa scritta ad una scala più normale.

esse-2

S f/2 Crop-2

acca-2

H f/2 Crop-2

afd-2

AF-D f/2 Crop-2

afs-2

AF-S f/2 Crop-2

Ora proseguiamo guardando cosa succede alla stessa ‘mira’ quando è fuori fuoco. Tenendo sempre presente la mia sconsiderata interpolazione ci può dare una misura della resa dello sfocato, ovvero del famoso BOKEH!

esse-3

S f/2 Crop-3

acca-3

H f/2 Crop-3

afd-3

AF-D f/2 Crop-3

afs-3

AF-S f/2 Crop-3

Ora due Crop per valutare la sfocatura meno pronunciata. Il primo, soggetto la lattina Campbell,  è dietro il piano di fuoco. Nel secondo Crop abbiamo soggetti quasi sul piano di fuoco come le coste dei libri e il gomitolo, un soggetto ‘front’ come l’obiettivo Elmaron, e ancora la scatola di legno come ‘back’.

esse-1

S f/2 Crop-4

acca-1

H f/2 Crop-4

afd 1

AF-D f/2 Crop-4

afs-1

AF-S f/2 Crop-4

esse-5

S f/2 Crop-5

acca-5

H f/2 Crop-5

afd-5

AF-D Crop-5

afs-5

AF-S f/2 Crop-5

Ora vediamo cosa succede a f/8. ricordo che le lamelle degli obiettivi sono: S nove, H sei, AF-D sette, AF-S sette. Nessun obiettivo,inoltre, ha le lamelle del diaframma ‘arrotondate’. :

ESSE

S f/8

ACCA

H f/8

AFD

AF-D f/8

AFS

AF-S f/8

Vediamo qualche dettaglio:

ESSE-4

S f/8 Crop-6

ACCA-4

H f/8 Crop-6

AFD-4

AF-D f/8 Crop-6

AFS-4

AF-S f/8 Crop-6

ESSE-1

S f/8 Crop-7

ACCA-1

H f/8 Crop-7

AFD-1

AF-D f/8 Crop-7

AFS-1

AF-S f/8 Crop-7

ESSE-5jpg

S f/8 Crop-8

ACCA-5

H f/8 Crop-8

AFD-5

AF-D f/8 Crop-8

AFS-5

AF-S f/8 Crop-8

ESSE-3

S f/8 Crop-9

ACCA-3

H f/8 Crop-9

AFD-3

AF-D f/8 Crop-9

AFS-3

AF-S f/8 Crop-9

Siamo arrivati finalmente a dover trarre delle conclusioni -almeno provvisorie- da tutti questi test sui 50 Nikkor di seconda fascia, cioè gli obiettivi standard più diffusi tra i Nikonisti, quelli con luminosità compresa tra f/2 e f/1.8. Ho provato una ventina di obiettivi, dal primo Nikkor-S 1:2 f=5cm del 1959 all’ultimo Nikkor AF-S 50mm 1.1.8G. Le prove hanno incluso degli scatti all’infinito a vari diaframmi per selezionare il miglior esemplare di ogni schema, arrivando ad un confronto finale tra quattro obiettivi, cioè quello che state leggendo, a distanza più ravvicinata. Gli schemi principali sono quattro, li potete vedere sopra. In realtà i 50/1.8 prima del G sono divisi in due varianti di schema, che però non hanno dato luogo a differenze di resa tali da giustificare l’allargamento a cinque della rosa degli ultimi contendenti. Molto di più ha influito l’avvicendarsi probabile di diverse forniture di vetro (ma su questo sarà meglio chiedere a Marco Cavina) o il cambiamento di trattamento antiriflesso. Mi spiego: all’interno dello stesso progetto -ad esempio il Nikkor-H, nelle sue varie declinazioni- ho riscontrato maggiori differenze tra i vari esemplari, di quanto non abbia potuto notare talvolta tra obiettivi con schemi diversi. Soprattutto per quanto riguarda la resa cromatica e l’effettiva ‘trasmissione di luce’, ovvero il valore T in relazione all’apertura f/ impostata. Ad esempio un Nikkor 50/2 ‘K’ è risultato più simile ad un 50/1.8 prima serie (quello Ai di corredo alla Nikon FM), di quanto non lo sia stato ad un Nikkor-H prima serie, che pure dovrebbe avere lo stesso schema. Così come il Nikkor-H seconda serie che ha dato i migliori risultati -salvo la resa cromatica- ha  mostrato una forte analogia di resa cromatica (non eccelsa) con un AF 50/1.8 seconda serie (Japan), quest’ultimo si è a sua volta molto discostato da un AF-D 50/1.8 (China) che invece sarebbe in teoria una variante dello stesso obiettivo. Qui mi fermo, altrimenti se dovessi dar conto dei vari confronti ‘bilaterali’ tra 20 obiettivi diversi (190 combinazioni!) non la finiremmo più. Allora, dopo tutti questi confronti, che dire? Intanto una cosa semplice: tutti gli obiettivi Nikkor da me provati sono ottimi, all’altezza delle aspettative. Certo, non sono tutti uguali. Tuttavia, mi sarei aspettato differenze più marcate. Detto questo, non posso tacere il mio stupore del vedere che non c’è stato un gran progresso nell’ultimo mezzo secolo -e passa- nella progettazione ottica, anzi. Per quanto riguarda la costruzione meccanica invece c’è stato un regresso evidente,  sul quale non credo che sia il caso di soffermarsi più di tanto. Veniamo al commento dei risultati. In quest’ultimo test il Nikkor-S (con nove lamelle) si è preso una bella rivincita. Si guardi il Crop-2 (più ancora il Crop-1, che però è una indubbia ‘forzatura’), sulla mira ottica è l’obiettivo con la resa cromatica più neutra e che da luogo al minor numero di artefatti cromatici, il peggiore sotto questo aspetto è sorprendentemente l’AF-S: non solo le scritte sono circondate da un alone magenta (dominante riscontrabile per la verità su tutto il campo), ma il ‘campo’ tra quelle, che nella realtà è bianchissimo, è popolato da zone verdastre tutt’altro che piacevoli. Non è finita. Osservate attentamente il Crop-8, la classifica è S,H, AF-D e ultimo l’AF-S! Il confronto è imbarazzante non solo per la mancanza di dettaglio dell’AF-S, ma anche per un eccesso di saturazione che trasforma il rosa quasi ‘tranquillo’ della copertina in un improbabile e isterico colore ‘fluo’. Si potrebbe pensare che -lasciando da parte il colore, per il momento- questo minor dettaglio possa determinare un miglior BOKEH. Macché! A guardare i vari Crop (sia a f/2 che a f/8) degli oggetti fuori fuoco l’AF-S se non è quasi sempre il peggiore, poco ci manca! La valutazione delle immagini -comprese quelle dei test precedenti- la lascio a voi. Del resto Erwin Puts (trovate il link alla vostra destra) sostiene, non senza delle buone ragioni, che le immagini dei test messe in rete siano fuorvianti. sarebbe secondo lui un modo di procedere poco rigoroso, è meglio -sempre secondo il nostro ‘guru’- pubblicare tabelle e diagrammi vari. Dal punto di vista scientifico non voglio discutere la sua posizione, certo dal punto di vista del ‘fruitore’ comune -intendo sia dei test sia degli obiettivi- non è priva di una certa stravaganza che finisce per allontanarlo dal ‘comune sentire’, e persino dal più semplice buon senso. Siamo in un ambito esoterico, nel quale ho un certo timore ad entrare. Vi immaginate se parlando di un cibo, un  piatto preparato da qualche ristorante di lusso, il giudizio di un critico gastronomico fosse rappresentato da schemi e tabelle -in tutto simili a quelle che ci consegnano quando facciamo l’analisi del sangue- che diano conto dei valori di acidità (il PH), della percentuale di sodio, di ferro, e chissà quale altra diavoleria chimica? Certo sarebbe interessante per un nutrizionista (anche per i NAS, per la ASL?), dubito che direbbe qualcosa ad un potenziale cliente del ristorante. Quest’ultimo farebbe delle semplici domande: ma insomma è il piatto buono? Il mangiarlo mi darà piacere? Vale la spesa? (il fatto che non faccia male, lo si da per scontato) Non si va in un costoso ristorante tre stelle semplicemente per nutrirsi, così come non si fanno fotografie solo per contare le linee per millimetro (o i pixel). La fotografia è per molti noi -non necessariamente dilettanti- una tecnica che consente di produrre degli ‘oggetti’ da valutare principalmente dal punto di vista estetico/espressivo, un giudizio non traducibile in numeri e tabelle, dunque. Siete d’accordo? Ora vi dico la mia, comunque. Non prima di rinnovare la mia stima per Puts, soprattutto per i suoi interessantissimi discorsi estetico/filosofici.

Ho deciso di separare per momento il giudizio tra i quattro obiettivi in due scontri bilaterali: Nikkor AF-D versus AF-S, Nikkor-S versus Nikkor-H. Perché? è presto detto. Se qualcuno di voi non può o non vuole fare a meno dell’autofocus, e dei vari automatismi non supportati dalle DSLR nel caso di uso di obiettivi MF, non credo che sarà molto interessato a sapere che il Nikkor MF tal dei tali è migliore degli AF. Viceversa chi abbia in uggia i barilotti plasticosi degli AF, e se infischi del AF visto che comunque metterebbe a fuoco manualmente anche quelli, potrà giovarsi delle conclusioni finali.

Cominciamo dai due obiettivi moderni andando con ordine. L’autofocus dell’AF-S dovrebbe in teoria essere più efficiente di quello con trasmissione meccanica assicurata dalla presa di forza che caratterizza il più arcaico AF-D. Non ho fatto prove strumentali (come avrebbe fatto Erwin) ma a mio parere l’AF-S non mi sembra più veloce in modo significativo. Insomma, sarò scemo ma a me sembrano ugualmente veloci. In verità, una differenza notevole c’è, di tipo ‘acustico’ però. L’AF-S è silenziosissimo, al contrario l’AF-D fa un po’ di rumore, niente di drammatico, però lo fa. Il problema è che l’AF-S non è IF, anche se fa di tutto per sembrarlo (la ghiera frontale non si muove, il movimento classico avanti e indietro è dissimulato all’interno dell’obiettivo). Il punto è che la presenza -del tutto pleonastica- del motore interno comporta un aumento di dimensioni assai fastidioso. Inoltre l’AF-S monta degli enormi filtri 58mm, fuori standard per i vecchi Nikonisti, ma soprattutto più grandi e costosi. Per essere un 50/1.8 l’AF-S è, a mio parere, di dimensioni ingiustificate. Oltre al rumore inferiore, ad onor del vero un altro vantaggio l’AF-S lo offre. in Modalità AF  la ghiera non si muove per nulla, in più in modalità M/A è possibile correggere l’autofocus (solo su S, però). All’opposto, la messa fuoco manuale dell’AF-S è irritante, anche per l’assurda mancanza di ‘fermo’ ad infinito.  Sempre a mio parere, l’estetica dell’AF-S è veramente avvilente, anche nella versione un po’ ruffiana fornita in KIT con la Df  (5 grammi in più per il piccolo ring metallico). Persino un mostriciattolo come l’AF-D, che certo bello non si può dire, sembra più decente. Sarà un gusto mio soggettivo, non necessariamente condiviso (anche se mi piacerebbe che lo fosse). Certo non è un mio parere soggettivo invece il constatare come l’AF-S sia enorme.

Veniamo alla resa ottica. A mio parere, complessivamente la resa dell’AF-D è migliore, lo dico subito. Andiamo nel dettaglio. La correzione della distorsione lineare è migliore nell’AF-D (tanto che per usi normali, lo si può considerare un’obiettivo ‘ortoscopico’), presentando l’AF-S un barilotto lieve ma avvertibile (si potrà pure correggerlo via software, ma che tristezza!). La resa cromatica dell’AF-S è squillante e un po’ volgarotta, con una sgradevole dominante magenta. Il contrasto generale e il microcontrasto dell’AF-S sono molto alti, forse troppo. Più normale l’AF-D. L’AF-S, almeno nelle immagini in Jpeg, sembra portare ad una saturazione eccessiva, il che determina una semplificazione tonale a discapito della resa delle sfumature. Quanto di meno utile per il digitale: incredibile, vero? Le varie aberrazioni sembrano meglio corrette nell’AF-D, si vedano i Crop-4 e Crop-6 per quelle extra assiali (astigmatismo e coma), e il Crop-1 per quelle assiali. Il BOKEH, per chi ci tiene, è più piacevole nell’AF-D, anche se qui andiamo veramente sul soggettivo. Dove vince l’AF-S? ecco: la vignettatura sembra un pelino minore nell’AF-S, con un miglior mantenimento del contrasto fino agli angoli. L’AF-S ha inoltre un miglior valore T, dunque migliore trasmissione di luce. Tutto qui? Sì, tutto qui!

Avrete già capito che il mio consiglio è: comprate l’AF-D! E’ più piccolo, costa meno, è preferibile otticamente, per di più lo potete pure montare su una vecchia Nikon F prisma (robetta della Nippon Kogaku), e persino dotarlo di una bella forcella (se trovate un laboratorio disposto, sennò non è difficile farlo da soli) e montarlo su una Nikkormat, o su qualsiasi corpo Nikon vi venga in mente, meno…le varie Nikon APS-C (DX) di fascia bassa: lì dovrete rinunciare ad una messa fuoco autofocus avendo al contempo notevoli difficoltà a mettere fuoco manualmente. Avete una di quelle fotocamere? Prendete senz’altro l’AF-S!

Dopo continuo….

Il pensiero di Gianni…

il pensiero di Gianni Berengo Gardin

(se non del tutto giusto, quasi niente sbagliato)

 

“Il digitale, come tutte le rivoluzioni, ha avuto effetti positivi ed altri negativi. Nella fotografia per me ha fatto soltanto del male. La gente fotografa tutto e male, non riguarda le foto, non le stampa. Tutto diventa un gioco scemo, mentre per me la fotografia è un lavoro serio, è la mia vita. Del resto il mestiere del fotografo non esiste più: il telefonino ha sostituito la macchina fotografica. Che tristezza…”.

“L’accelerazione della vita che il digitale ti impone, soffoca e limita la tua libertà. Se pensiamo a tutta la gente che ha perso il lavoro per colpa della tecnologia anche in altri campi… E comunque la qualità della pellicola per me è inarrivabile”.

“Eh sì. Sempre bianco e nero, sempre Leica e soprattutto sempre pellicola, niente digitale. La Leica non è una macchina, è “la” macchina, che tutti più o meno hanno copiato. È l’archetipo, ha ancora oggi degli obiettivi eccezionali. Solo per i paesaggi ho usato alcune volte Nikon e Hasselblad, ma sono state eccezioni”.

Da un’intervista di Fabio Zamboni (Grazie!) a Gianni Berengo Gardin su Alto Adige, 23 settembre 2014

Grande Gianni!